Aver portato l’attenzione sulla possibilità dei liberi professionisti di accedere alla pensione anticipata ed esortato chi ci rappresenta a valutare con attenzione e un pizzico di “cazzimma” l’ipotesi Enpam di rimodulare le aliquote di penalizzazione ha generato l’attenzione di quasi 10mila lettori (che ringraziamo).
Riformare, innalzandola, la percentuale del coefficiente di penalizzazione per frenare la fuga dal lavoro, evidentemente tocca un nervo scoperto e questo dovrebbe portare tutti a riflettere.
La curiosità di analizzare il tema nasce oltreoceano: ispiratore Jonathan Malesic che, nel libro ‘The end of burnout’ narra di mutamenti epocali, sociali, emozionali nel mondo reale, quello assai lontano dalle stanze dei tecnocrati. «Il vero cambiamento è lavorare meno», è in estrema sintesi il concetto espresso dall’universitario statunitense (e anche pagare di meno, aggiungiamo…). Complice ma non alibi il Covid, crediamo nel Paese stia montando un nuovo approccio alla vita, alla scala di valori delle priorità che analisi e attuari non hanno immaginato o prefigurato.
Il Fondo Enpam della Libera professione dal 2013 si è allineato alle opportunità da sempre insite dai regolamenti degli altri Fondi, consentendo la pensione anticipata. Una misura attesa, a fronte di grandi sacrifici economici. Ma di recente questa misura si è scontrata con l’evidenza che l’esodo verso la pensione degli iscritti agli altri Fondi ha assunto caratteri biblici, smentendo tutte le proiezioni degli analisti. Da qui la necessità di disincentivare la fuga verso la pensione. La soluzione? Ritoccare al rialzo l’aliquota di penalizzazione.
Ad oggi, alle cifre dei saldi previdenziali dei fondi, la cui famosa e annunciata gobba previdenziale si è trasformata in incombente e prematura valanga, il fondo della libera professione risponde con un segno positivo e segnali di fiduciosa stabilità. Quindi?
In un contesto in cui abbiamo imparato che il patrimonio è unico e il solidarismo è sistema, le tutele, però, non sono mai state ugualmente ripartite; mi riferisco, oltre alla pensione anticipata - faticosamente ottenuta dai liberi professionisti otto anni fa – anche alle tutele aggiuntive conquistate nel 2018 ma, da sempre, appannaggio degli altri fondi. Quindi, perché oggi si dovrebbe equamente spalmare l’incremento delle aliquote negative coinvolgendo un fondo virtuoso?
Sembra quasi che la “caramella” (accesso alla pensione anticipata) data nel 2013 in cambio dell’inasprimento di tutte le leve disponibili (età pensionabile, aliquota di contribuzione e decremento di quella di rendimento), possa a breve rivelarsi avvelenata. Dovremmo fare altri sacrifici per il bene di una collettività che non credo si sia mai accorta che noi eravamo figli di un dio minore?
Perché, invece, non invertire i ruoli, abolendo o disincentivando la pensione anticipata nei regolamenti dei fondi in sofferenza e ristabilendo, a ruoli invertiti, equilibri già vissuti e di cui mai nessuno si è lamentato?
O, in alternativa, ristabilire per la quota B l’aliquota di rendimento all’1,75%?
Come plus, si potrebbe considerare di aprire un tavolo di lavoro per favorire, al pari di quanto fa INPS, il riscatto agevolato degli anni di laurea e di mancata contribuzione per “quelli dal 1986 al 1995”.
Non credo siano scenari irrealizzabili o concessioni a perdere, visto che si tratterebbe pur sempre di un investimento per quei giovani sulle cui spalle peseranno maggiormente i conti che non tornano: a loro, a noi, gioverebbe un’iniezione di fiducia ricostituente nella desolante constatazione dell’inadeguatezza degli scenari di sostenibilità raccontati.
Raffaele Sodano
Giulio Del Mastro
Già Consultori Fondo per la Libera Professione Quota B Enpam